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Giovedì, 16 Agosto 2018 06:20

Roma conquistata dai ragazzi

Roma è abituata alle invasioni, ma stavolta è stato diverso: per la prima volta si è trattato di ragazzi per lo più provenienti dalle diocesi italiane, convocati da papa Francesco per pregare con lui e con i loro vescovi per tutti i giovani del mondo, in preparazione al Sinodo.

L’invasione (9-12 agosto) ha interessato specialmente il centro storico, percorso da gruppi di ragazzi stanchi ma felici dopo aver camminato a volte per molti chilometri. Hanno riempito di canti e allegria il Circo Massimo, dove le emozioni condivise hanno conquistato tutti i cuori, facendo risuonare il vissuto quotidiano di ragazzi come tanti, eppure “speciali”; e dopo la veglia i ragazzi hanno espugnato le chiese facendole restare aperte anche di notte, nella “notte bianca”.

Tutti i media hanno parlato dell’evento e dei piccoli e grandi eventi che l’hanno accompagnato, nelle esperienze ed emozioni di ognuno. Anche nella nostra casa di via Appia Antica ha trovato ospitalità un gruppo di quei ragazzi, provenienti dalla diocesi di Arezzo-Cortona-San Sepolcro.

Erano partiti da Arezzo l’8 e il 9 sono arrivati a Roma. Nelle esperienze che questi giovani hanno condiviso con noi non ci sono riflessioni spiritualmente profonde, forse, ma la verità di emozioni e sensazioni che li hanno toccati e che produrranno frutto al loro tempo:

«Non avevo mai partecipato a un pellegrinaggio del genere, ma sapevo che ci sarebbe stata tanta gente e mi aspettavo di incontrare tantissime persone così come le avevo viste in televisione: però quando le incontri al vivo ti fa un effetto imprevedibile, l’emozione di trovarmi fra tante migliaia di persone tutte insieme nello stesso posto… Al Circo Massimo, tutta quella gente raccolta nella veglia – in preghiera o comunque in silenzio, rispettando la preghiera degli altri –: tutto questo mi ha veramente stupito!».

«Mi sono piaciuti molto gli itinerari che abbiamo percorso soprattutto da quando siamo qui, sull’Appia Antica. Le catacombe, la visita al Quo Vadis, tutto è stato pensato bene: anche se c’è stato da camminare un bel po’ tutte le tappe erano interessanti. Da visitare attentamene. E anche a me ha fatto impressione, come diceva Michele, vedere tante persone riunite tutte insieme con lo stesso scopo. E viverlo è diverso che vederlo in televisione. Incontrare altri gruppi che come noi andavano alle catacombe, con lo zaino in spalla, tutti insieme… Ci passavamo vicino e sapevamo di essere tutti lì per lo stesso motivo. Anche se ci si incrociava e basta, sapevamo che c’era un sacco di persone che facevano le stesse cose che facevamo noi. Eravamo lì tutti insieme per poi condividere il momento finale, con tutte le esperienze che abbiamo provato. Anche se magari non c’è stato uno scambio effettivo, se non con alcune persone sporadicamente, comunque era bello anche quello. Quando eravamo in fila per entrare al Circo Massimo, ci siamo reciprocamente chiesti da dove venivamo, che cosa avevamo fatto. E’ stato bello».

«Io prima di partire ero un po’ scettico. Un due mesi prima sono venuti dei rappresentati della diocesi anche da noi, a Cortona, e hanno portato come testimoni i giovani che avevano fatto la marcia francescana o la GMG. Ci hanno raccontato le loro esperienze, e ci dicevano che anche loro prima di partire erano scettici e quando sono tornati si erano ricreduti. E ci invitavano a fare questa esperienza perché sono momenti belli. Io mi dicevo: vabbe’, sono loro che dicono che sono belli. Poi invece mi sono detto: va bene, voglio andare, voglio provare questa esperienza. E ora capisco perché dicevano così. Veramente è un’esperienza bella: stancante (perché è stancante), ma anche molto bella e intensa. Sono stati bellissimi gli incontri che sono stati organizzati con vari testimoni, mi hanno colpito molto, ad esempio quello della comunità di Sant’Egidio, a Trastevere. Ci ha parlato in maniera concreta di quello che fanno. E questa è una cosa molto importante: non parlano e basta, ma agiscono. Ma al di là di questo, la cosa più bella credo sia stata vedere tanti ragazzi come noi che avevano questa specie di zainetto e poi il cappello e la borraccia con la scritta “Per mille strade”. Tutto questo ci ha fatto sentire che non siamo soli, ma che siamo parte di una comunità più grande, di tutta l’Italia: magari ce ne dimentichiamo, perché pensiamo alla nostra parrocchia e se proprio “ci allarghiamo” – diciamo noi – pensiamo alla diocesi di Arezzo. Invece è stato bello condividere momenti insieme con persone di tutta Italia, vedere la gente di Toscana insieme con la gente di Napoli, di Bergamo; tutti insieme parlare, ballare. Per me questa è stata la cosa più bella».

«Come farei per invitare altri ragazzi a partecipare a un pellegrinaggio simile? Di primo impatto dicendo la mia esperienza: tutti all’inizio siamo scettici, perché è difficile prendere e lasciare casa, sapendo che dovrai andare a faticare… Perché abbiamo camminato in questi giorni, abbiamo dormito poco, e tutto per un’esperienza che pochi fanno. Li inviterei magari facendo vedere i video, le foto, gli incontri che abbiamo fatto, come ci siamo anche divertiti stando insieme, conoscendo gente nuova. Anche se si è tutti ragazzi di Arezzo – che è il nostro capoluogo di provincia e per attraversarlo ci vuole pochissimo –, eppure non conoscevo nessuno! Ma qui è stato un modo per conoscersi, per fare gruppo».

Un modo giovane di scoprirsi Chiesa. Quella che sempre ha un futuro. E anche in una società liquida e frammentata le nuove generazioni approdano lì dove li attira, oggi come sempre, il Redentore dell’uomo: per camminare insieme a loro.






Pubblicato in IN DIALOGO

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