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Lunedì, 06 Agosto 2018 08:20

San Domenico e la Chiesa

San Domenico e la Chiesa Francesco Traini. Políttico di San Domenico de Guzmán. foto: Miguel Hermoso Cuesta, http://commons.wikimedia.org
Il fondatore dell’Ordine dei Predicatori ha in qualche modo influenzato i cambiamenti che si sono verificati nella Chiesa così come la vediamo ora: come giovane domenicana, ho cercato di studiare la storia del nostro Fondatore per capire meglio anche il servizio di cui la Chiesa ha bisogno oggi. 

Anzitutto dobbiamo tener presente la situazione della Chiesa al tempo di san Domenico. Nel XIII secolo l’Europa era in una fase di sviluppo: l’Occidente godeva un periodo di pace, la gente si sentiva sicura, con conseguente crescita demografica e spostamento verso le città. Non tutti purtroppo ci trovavano una vita migliore: la povertà era visibilmente diffusa.

D’altra parte c’erano persone di Chiesa, specialmente autorità ecclesiastiche, che non costituivano certo un esempio di come essere buoni cristiani.  Invece di condividere il proprio benessere con i poveri, preferivano arricchirsi sempre più e spendere per rendere la propria vita sempre più confortevole. Invece di guardare ai bisogni di chi era accanto a loro e di comunicar loro la gioia del Vangelo, sulla base di interessi economici promuovevano Crociate per insegnare in Oriente la religione della pace con le armi, lasciando una scia di sangue dietro di sé.

E’ quindi naturale che in tali circostanze, mentre le gerarchie ecclesiastiche erano più interessate a quanto avveniva fuori dall’Europa e a come arricchirsi sempre di più, l’Europa divenisse il luogo ideale per lo sviluppo di eresie. La Chiesa si trovò a fronteggiare una crisi crescente, per lo più a causa di avvenimenti interni. Una parte della Chiesa, tenendo presenti le priorità cui la gerarchia era tenuta, cominciò a criticarne aspramente lo stile di vita e a sviluppare nuove interpretazioni del Vangelo. Fra essi I gruppi più importanti furono due. Anzitutto i Catari, che fecero propria una forma di dualismo molto semplificata, mentre interpretavano il Vangelo in modo letterale. Il loro influsso era visibile soprattutto nella Francia meridionale e nell’Italia settentrionale e centrale. Un altro gruppo era formato dal gruppo dei Valdesi, seguaci del mercante lionese Pietro Valdo. La loro prospettiva sembrò all’inizio positiva, perché essi vedevano la corruzione della Chiesa e con la loro predicazione volevano mostrare uno stile di vita veramente evangelico. Si rendevano conto anche dei pericoli degli insegnamenti eretici dei Catari. Ma purtroppo cominciarono ad essere sempre più audaci nel muovere accuse contro la gerarchia e le loro idee furono condannate. Questo non li fermò, anzi ne trassero sempre maggiore accanimento nella loro predicazione, ponendosi fuori dalla Chiesa.

Papa Innocenzo III vedendo ciò che stava accadendo e quante persone, laici e anche chierici,  fossero affascinati dall’eresia, cominciò a mandare suoi legati pontifici per prevenire il diffondersi di tali errori. Ma i risultati non furono rilevanti. Sia i Valdesi sia i Catari presentavano lo stesso stile di vita semplice, che era decisamente in contrasto con quello della Chiesa ufficiale: perciò essi risultavano sempre più convincenti. La loro vita semplice e austera si accordava con ciò che insegnavano più di quanto non facesse la grande predicazione, che era in sintonia con gli insegnamenti della Chiesa ma era fatta da persone la cui vita era più simile a quello di un principe che a quello delle persone cui la predicazione era rivolta.

Domenico e la sua idea di predicazione non potevano apparire in un momento più adatto. Nel 1206 Domenico era in viaggio con il suo Vescovo, Diego di Osma, quando sulla strada verso Montpellier incontrarono tre Cistercensi, legati pontifici, reduci da un desolante fallimento della loro missione, e contemporaneamente un fautore dell’eresia. Passarono tutta la notte a parlare sia con lui sia con i tre abati, e con questi ragionarono sul da farsi, persuadendoli a cambiar vita. L’abilità di Domenico ad ascoltare con rispetto e con intelligenza risolse positivamente il loro sconforto.

Questi avvenimenti influirono certamente sulla fondazione dell’Ordine dei Predicatori. Domenico vide che i laici non avevano nessuno che insegnasse loro il Vangelo di Cristo in modo affidabile. Parte del clero non era adeguatamente formato per resistere all’eresia,  sì che la sua idea di predicazione coincideva con il bisogno del tempo: proteggere la fede cristiana formando le persone dalle fondamenta, a partire da coloro che avevano il compito di proclamare la parola di Dio alla gente. Occorreva insegnare la fede sia nel cuore della Chiesa sia in quelle che erano, in tutti i sensi, le sue periferie. Domenico divenne così un esempio vivo della grazia di proclamare la Parola in un momento cruciale della storia della Chiesa.

L’Ordine dei Predicatori fu fondato appunto per servire la Chiesa e non solo in un luogo, ma ovunque nel mondo. Domenico si accorse che rimanendo sotto la supervisione di vescovi diocesani questo servizio sarebbe stato limitato. A quel tempo i sacerdoti – anche canonici e monaci –  di una chiesa particolare erano parte della Chiesa locale, dipendente da un vescovo. Domenico cercò di avere maggiore libertà per aiutare nella diffusione della parola di Dio. Chiese alla Santa Sede di ricevere una “esenzione” e ottenne molto di più.  Il Papa diede ai Frati Predicatori il privilegio di celebrare la Messa anche al di fuori di luoghi sacri: essi furono cioè il primo Ordine cui fu permesso di celebrare l’Eucaristia dovunque si trovassero, senza dover chiedere il permesso alle autorità locali. Questo rese per loro sicuramente più agevole il portare la parola di Dio a popoli diversi e l’essere a servizio della Chiesa con agilità sempre nuova.

L’Eucaristia è infatti indispensabile per ogni cristiano, e così fu per Domenico. Si racconta che egli usava celebrarla con grande devozione, e allo stesso modo egli ascoltava le confessioni ed era sempre disponibile per colloqui spirituali, con chiunque glielo chiedesse. Tutti questi aspetti del sacerdozio erano, per lui, il culmine o la base della predicazione, e appunto sulla predicazione, in quanto parte integrante della vita sacerdotale e monastica, egli desiderava che i suoi frati si concentrassero. A quel tempo la predicazione non era comunemente collegata con le funzioni sacerdotali: l’idea di Domenico di fonderle insieme costituì una reale novità nella Chiesa.

Ma la Chiesa non è soltanto maschile. Nel 1207, nella Francia meridionale, iniziando il suo ministero Domenico salvò dall’influsso degli eretici un gruppo di ragazze: le loro famiglie, nobili ma economicamente decadute, le avevano affidate ai Catari perché ricevessero una educazione. Per offrir loro una possibilità di autoformazione, analoga allo stile di vita esigente e austero inculcato dai Catari, Domenico, insieme a Diego di Osma, fondò a Prouille il primo monastero domenicano. Non fu una comunità femminile di stampo tradizionale, come oggi le conosciamo, ma costituirono un convento doppio, in cui suore e frati poterono creare una vera famiglia domenicana. Questi tipi di comunità non erano rari nel XIII secolo, ma l’originalità era costituita dal fatto che comunemente si trattava di comunità femminili aggregate a conventi maschili già esistenti. A Prouille invece si trattò prioritariamente di una comunità di donne che dovevano non solo formare se stesse ma, con la loro contemplazione e intercessione, esse potevano prendere parte alla proclamazione della Parola da parte dei frati. E, soprattutto, con l’esempio della loro vita esse offrivano un saggio di come mettere in pratica quella Parola.

Oggi l’importanza dei laici nella Chiesa è riconosciuta, ma 800 anni fa la cosa non era altrettanto ovvia. Fondando conventi nelle città, Domenico introdusse un cambiamento di mentalità. I predicatori Domenicani erano più vicini alla gente comune e per questo motivo i laici sentirono che vivere una vita religiosa e proclamarla con l’esempio della propria vita non era una cosa riservata solo ai monaci. La fondazione di quello che fu chiamato “il Terz’Ordine Domenicano”, che per lungo tempo fu attribuita a Domenico, sarebbe avvenuta in seguito. In Italia nel XIII secolo gruppi di persone che si erano convertite formarono un ordine di penitenti (Ordo de Poenitentia S. Dominici) che si affidavano alla cura spirituale di frati Domenicani e si mettevano al servizio della verità nel modo proprio del loro stato di vita. Questi gruppi costituirono l’inizio di una forma di vita che fu poi trasformata nel Terz’Ordine.

Il contributo di Domenico alla vita della Chiesa ebbe dunque effetti molto ampi. Insieme ai suoi frati aprì nuove strade che oggi sono parte integrante della vita della Chiesa. Ma cosa possiamo imparare oggi dall’opera dei Domenicani e da quella personale di Domenico? Il mondo sembra oggi totalmente diverso da quello di 800 anni fa; ma lo è veramente? Lo si vede benissimo per esempio nel modo in cui vengono trattati i dogmi della fede. A causa della libertà di pensiero e di parola e a causa delle nuove tecnologie, come Internet e tutto ciò che rende più agevole la comunicazione nel mondo, chiunque può diffondere informazioni (anche false) in un attimo. Le crisi della fede e dell’educazione religiosa, evidenti specialmente nel Vecchio Continente, facilitano erronee interpretazioni della Bibbia e degli stessi fondamenti della Chiesa. Informazioni sensazionalistiche riguardanti qualche prelato e il loro modo di vivere non autenticamente cristiano non favoriscono la fede. Libri come Il Codice da Vinci sono stati coniderati da certe persone come un nuovo vangelo e la Chiesa è vista come un’azienda che cerca di nascondere verità scomode. Come possiamo reagire?

In quest’ambito l’esperienza di san Domenico può essere realmente di aiuto. Quando incontrava eretici e persone influenzate dai loro insegnamenti erronei, faceva tutto il possibile per individuare quello che è il bisogno più grande: li ascoltava e poi parlava loro cercando di mostrare i punti in cui il loro modo di pensare risultava illogico, scollegato con il fondamento, la Parola di Dio. Allora poteva cominciare a costruire qualcosa di nuovo. La cosa più importante era che egli faceva tutto questo sempre con rispetto – guardando l’altro come un amico che aveva fatto qualcosa di sbagliato ma che non se n’era reso conto – e con amore, radicato nella comunione con Dio e nella preghiera e tratto dal Vangelo, che egli usava tenere sempre con sé. Osservando gli incontri di Domenico con gli eretici possiamo vedere che egli trattava ognuno in modo personale, trascorrendo ore a parlare con loro, senza mai smettere di cercare altri che avessero bisogno di tali colloqui. L’Ordine dei Predicatori ha scelto come scopo fondamentale quello del suo fondatore: predicare il Vangelo ad ogni creatura, ovunque e con tutti i mezzi possibili, ma predicarlo con semplicità e profondità, ricordando che senza rispetto per la persona, senza condivisione di vita, senza compassione per la sua povertà spirituale e senza interesse per la sua salvezza non è possibile proclamare il Vangelo, perché “l’uomo è la prima strada che la Chiesa deve percorrere nel compimento della sua missione” (Giovanni Paolo II, Enc. Redemptor Hominis, n. 14).
Letto 1104 volte Ultima modifica il Sabato, 18 Agosto 2018 17:03

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