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Lunedì, 21 Dicembre 2020 15:53

Riscopriamo il presepe

“Pace in terra agli uomini, amati dal Signore!”: il Gloria della terza edizione del Messale ha introdotto nella liturgia la nuova traduzione di Lc 2,14, che supera, anche in italiano, il tradizionale equivoco risultante dall’erronea interpretazione del testo latino: traducendo materialmente si evidenziava la “buona volontà” di coloro che accolgono il mistero del Natale, mentre il testo greco originale del Vangelo parla del “bel progetto” che Dio ha nei confronti degli esseri umani, e questo progetto è l’Incarnazione del Figlio. Un’iniziativa divina gratuita, scaturita dalla vita trinitaria. Gli angeli la annunciano nella notte di Betlemme, dilatando ad annuncio universale quello che stava iniziando come annuncio portato a un gruppo di pastori. E quelli non rimasero a guardare il cielo, dove la moltitudine di angeli era scomparsa, ma si dissero fra loro, sensatamente: “Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere” (Lc 2,15). Quel che trovarono fu proprio il segno annunciato dall’angelo: un neonato adagiato in una mangiatoia. A Maria e Giuseppe poi la tradizione ha aggiunto il bue e l’asinello, suggeriti da riferimenti biblici, certo, ma anche da un sano realismo popolare, dato che il racconto evangelico parla di una mangiatoia.

Quei pastori e quella mangiatoia non profumavano certo di bagno schiuma, ma – paradossalmente – il segno sta proprio lì in mezzo, è quel Bambino che non ha altra parola da dire, nella notte di Natale.

Secoli di capolavori artistici sul mistero della Natività non dovrebbero farci perdere di vista la stupenda concretezza del segno offerto da Dio all’umanità, da Lui amata così com’è, senza aggiustamenti estetici. Dio si è incarnato in un contesto umano fatto di luci e di terra: l’amore di Maria e Giuseppe ma anche gli odori di una stalla... L’augurio natalizio di Luigia Tincani non lo dimenticava: Gesù “apparve sulla paglia, accettò i bisogni e le prove della natura, venne e abitò fra i peccatori”: quest’anno molte vicende (anche le esperienze vissute da chi esce dal covid) ci fanno riflettere sulla fragilità dell’essere umano e sulle difficoltà dell’esistenza terrena: e tutto il Figlio di Dio ha voluto assumere, fino in fondo, per trasfigurarlo.

Mi viene da pensare tutto questo nel leggere i messaggi scandalizzati che rimbalzano sui social a proposito del presepe installato quest’anno in piazza San Pietro: non può essere invece un’opportunità per riscoprire la realtà teologica del Natale, accogliendo il “bel progetto” di Dio su ognuno di noi, senza bisogno di alcun maquillage? A noi la scelta. Buon Natale!
Pubblicato in IN DIALOGO

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